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1978 Un gruppo di amici del comune di Rottofreno decide di “accamparsi” sulla riva destra del Tidone per dare luogo alla solita festa primaverile. Sino a quella data ci si riuniva una o due volte l’anno sulla riva sinistra del torrente nella zona di Agazzino. Naturalmente il proposito era ed è rimasto: il mangiar bene e sopratutto … il bere meglio .

Fine anni 70 in queste tre foto recuperate dal conte Giacomo e scattate allora con una polaroid vediamo ancora una delle feste organizzate sulla riva sinistra del Tidone nel territorio di Agazzino.

Nella prima foto  l’inizio “dell’accampamento” con “Gramigna” intento a sistemare le vettovaglie, Piero Dallavalle, Aldo Barocelli con in mano una damigiana e Fiorello Fortunati, purtroppo scomparso in un incidente stradale nel 1979. La seconda foto, anche se sfuocata, l’ho voluta inserire perché si nota la mitica 500 bicolore del Conte Giacomo. La terza foto, sempre nel territorio di Agazzino, immortala Piero Dallavalle ai fornelli, Aldo,…., Fiorello.

Quell’anno ( io non avevo ancora  compiuto i vent’anni) questi amici, nati dal 1915 in poi, decisero di costruire qualcosa che desse loro una “pianta stabile”. Così prese il via, dopo la richiesta di pareri e permessi, la prima costruzione di legno: un porticato di circa 20 mq. costruito con materiale edile di recupero e ricoperto di lamiere. Si aggiunse successivamente anche un vecchio container, nel quale poteva prendere posto una cucina vera e propria con tanto di forno, fornelli, credenzini, ecc…  

1978, foto recuperate sempre dalla polaroid del Conte Giacomo: si nota il primo insediamento sulla zona destra del torrente. Le panche gia inserite nel terreno, ma mancava ancora la “gettata” di cemento. Nella prima foto in alto a sinistra Giulianino, Aurelio, Ersilio ….nella seconda foto a destra foto di gruppo da sinistra: Marco Montanari, Ersilio, Conte, Giulianino con in braccio la nipote Elena, Gramigna , Angelo e disteso… Aldo. Si nota in alto a sinistra il palco dell’orchestra “Trio va caga” . In basso il primo tavolo sotto il porticato con Giacinto, a sinistra Roberto Capelli (figlio del proprietario del terreno su cui poggiava il porticato) , Giulianino, Gramigna, Calamari e AMILCARE. Si noti il palo colorato in rosso-nero …..

 La cosa più importante che mancava  era l’acqua corrente, sino allora, infatti, di acqua ne circolava ben poca. A dire il vero, non si aveva la necessità di lavare vettovaglie o cose del genere …quando la festa finiva ognuno aveva l’obbligo morale di lasciare tutto in ordine e pulito il porticato così ognuno portava a casa ciò che aveva sporcato per riportarlo lindo e pulito per la festa successiva.  La decisione fu in ogni caso presa …armati di un antico“Mazzabecco” si costruì un pozzo per avere acqua pulita per lavare e pulire piatti, bicchieri, forchette, ecc…, mai nessuno, però, accennò ad una buon’acqua potabile…l’acqua da bere non era gradita, meglio un buon succo d’uva!!!

Ci vollero circa due o tre settimane, ma dopo aver perforato l’argilla per circa 15 metri, finalmente,  l’acqua sgorgò. Ricordo che si facevano turni abbastanza forzati per tirare e lasciare la corda del mazzabecco …tutto rigorosamente a mano. Noi più giovani che (naturalmente capitavamo lì per caso) prima di avere il diritto di poterci sedere sotto il porticato dovevamo dare il nostro contributo per la buona riuscita del pozzo e quindi dovevamo tirare e lasciare la corda per circa un quarto d’ora ciascuno.

I problemi successivi furono come lasciare incustoditi, tavoli, sedie, poltrone….sempre di recupero, ma che avevano una funzione essenziale. Rimanendo incustoditi potevano essere trafugati o nella peggiore delle ipotesi distrutti da qualche male intenzionato. Fu così che venne costruito sotto il porticato un tavolo con le gambe di legno ed il piano  “risuolato” in ceramica. Le panche, anche loro in legno, furono fissate al pavimento con una “gettata” di cemento.

Nella compagnia che si trovava in Tidone, facevano parte tante persone con mestieri diversi, muratori, carpentieri, elettricisti, meccanici, ma soprattutto gente di buona volontà così tutti i lavori vennero svolti in men che non si dica.

La compagnia cresceva: pranzi, cene, addirittura serate danzanti …una piccola pista da ballo, con il palco per l’orchestra “IL TRIO VA CAGA”, fu costruita tra le piante di Robinia, accanto fu ricavato anche lo spazio per giocare al “botto 48”, un gioco con le bocce.

Avvicinandosi la brutta stagione ( ricordo che quell’inverno fu particolarmente rigido) tutto fu sospeso sino all’anno successivo il 1979 quando in primavera riprese l’attività di questo gruppo di amici.

Il “Club” costituito era ormai arrivato a circa una trentina di persone, ma ancora nessuno aveva deciso come chiamarlo. Fu così che a uno dei soci fondatori (credo fosse Giuliano Marenghi) venne un’idea…… ci chiameremo: AMICI DEL TIDONE”.

Ricordo perfettamente quel momento e…. sinceramente il nome non mi sembrava un granchè…pensavo:”Si vorranno chiamare così perchè sono tanti amici che si ritrovano in Tidone… oppure perché sono amici del torrente ??? Mahh!!!!…..” Comunque il nome venne accettato a larga maggioranza.

L’estate del 1979 vide uno dei momenti migliori di questa bella iniziativa.

Tutto filava liscio tra baldorie canti e balli, ma l’inverno stava tornando ed abbandonare questa bella compagnia sino all’anno successivo dispiaceva a tutti. Si fecero varie ipotesi tra cui quella di spostarsi in case rurali disabitate, case di amici favorevoli all’idea, ma alla fine venne trovata la soluzione ideale….fermarsi in Tidone anche d’inverno.

A Pieve Porto Morone esisteva uno sfasciacarrozze che aveva ritirato un certo numero di vecchi torpedoni. Dopo avergli smontato il motore li vendeva a prezzo di realizzo.

La decisione fu presa…. alcuni  soci fondatori, (credo Giulianino, Gessi, Angelo e Aldo) trattarono il prezzo ( 300.000 Lire tale cifra fu  divisa in 10) ed acquistarono un vecchio torpedone degli anni 50, un “680RN” Menarini a motore anteriore visto e piaciuto nello stato in cui si trovava.

Da Pieve Porto Morone a Rottofreno ci sono circa 20 Km, una cittadina da attraversare, (Castelsangiovanni), e la via Emilia da percorrere con un traffico già allora sostenuto.

Dopo varie discussioni sul trasporto, si decise  di agganciare il torpedone con una barra fissa ad un trattore  e di partire  di Domenica mattina al sorgere del sole.

L’avventura cominciò come da programma, solo che all’aggancio del mezzo si accorsero che l’abitacolo era completamente pieno di vecchi motori di automobili. Si dovette procedere allo scarico e la tabella di marcia subì immediatamente un notevole ritardo, ma ormai si era in ballo e si doveva ballare.

Da Pieve Porto Morone a Catelsangiovanni ci sono circa 6/7 km.

A Castel San Giovanni la domenica è giorno di mercato quindi il passaggio della “carovana” non passò del tutto inosservato. Comunque l’organizzazione era perfetta: avanti qualche chilometro, una staffetta per rilevare “difficoltà” sul percorso ed un’altra pronta a ritornare per eventualmente bloccare il trasporto.

Il “convoglio” era così formato: Trattore- Torpedone- Fiat 500 bicolore con alla guida il Conte Giacomo di Carini il quale segnalava i cambi di direzione. Tutto  filò liscio. Nessuna pattuglia di Stradale,Vigili o Carabinieri….si imboccò la via Emilia, direzione Rottofreno, sino all’ingresso di via Casa Nuova (alle porte di Rottofreno) . I Drivers erano due superamici: Angelo Modenesi sul trattore trainante e Aldo Barocelli sulla corriera …..rispettivamente BARBIS & BALITTINO (questo secondo soprannome però solo  Barbis aveva il diritto di pronunciarlo gli altri no…era vietatissimo dallo stesso Aldo ). All’entrata di Via Casa Nuova un po’ di difficoltà , ma per fortuna la via Emilia è grande e quindi si è potuto entrare senza troppe manovre….il più era fatto!… ormai erano su una strada comunale stretta, ma senza pericoli di “brutti incontri” . A questo punto, sentendosi al sicuro, “Barbis”, su l’allora nuovissimo FIAT 110 DT, cominciò ad accelerare e a zizagare per questa stradina  ….impegnando notevomelmente  Aldo. Questo faceva parte del gioco.

Arrivati sulla carraia che portava a destinazione, sull’ultima curva a gomito, riuscirono prima ad “imboscare” la corriera poi con un paio di manovre riuscirono a proseguire.”L’imboscamento” del  torpedone, secondo me, era già stato pianificato da Barbis prima della partenza, primo per spettacolarizzare di più l’avvenimento e secondo per far incazzare Aldo al quale imputava, scherzando, la non buona riuscita della manovra. Finalmente il mezzo arrivò a destinazione.

Dopo varie discussioni su come “piazzarla” venne messa con il muso verso il paese di fianco al Container.

Per prima cosa furono tolte le ruote e venne “piazzata” su vecchie traversine della ferrovia. Successivmente venne risuolata di ceramica all’interno, e il falegname Francesco Paratici costruì un bellissimo tavolo  che occupava gran parte della corriera. Tutto era pronto per l’inverno: si procurarono un vecchio “Pipino a due bocche”, la legna e…. furono baldorie non solo per quell’inverno, ma anche per quelli successivi.

Anni 80 Gramigna, Barbis e il Conte Giacomo di Carini davanti al Container/Cucina con bottino di anguille. Si nota sulla destra il “samboggio” del pozzo. Questo” pezzo storico” fu allora molto difficile da reperire…..e soprattutto da far funzionare!!!

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